Qui Radio Mosca, vi scrivo dal treno Sochi-Rostov, 12 ore di viaggio, dalla costa del Mar Nero risalendo la Circassia, dal confine con la Georgia fino ad arrivare a quello con l’Ucraina, quello sensibile, quello dove al di là della dogana c’è la distrutta Donbass Arena di Donetsk, dove si giocò una semifinale di Euro2012. Gli scenari drammatici probabilmente sono però soltanto al di là del controllo doganale, ai Mondiali2018 qua in Russia è un’altra storia, e onestamente è una storia bella.
In fondo, cosa sappiamo noi dei russi, oltre agli stereotipi? E anche loro, cosa sanno di noi? Per la prima volta il mondo si sta incontrando con loro per festeggiare, in casa loro, e lo vedi negli occhi, nei gesti, nel pervicace tentativo di aiutarti nonostante il diffuso nullo livello di lingua inglese tra tutte le generazioni, lo senti questo genuino slancio amichevole verso il mondo.
Che poi, anche il concetto di russo è molto impalpabile: è una sintesi impossibile di diverse popolazioni, che più o meno di buon grado hanno accettato questa maniera di essere, se vogliamo anche di conformarsi, per potere trovare una quadra per vivere tutti assieme. Dentro sono diversi, in società hanno accettato di essere tutti russi. A Sochi per intenderci, sembra di stare in una Turchia un po’ più ordinata. E poi vai a vedere, e ci sono un sacco di siberiani che hanno deciso di trasferirvisi.
Un paese che svezza i giovani senza paura del rischio: sul treno dove mi trovo, i differenti capitreno hanno tra i 18 e i 21 anni. Ripeto, tra i 18 e i 21 anni. Le ferrovie russe hanno deciso di offrire a studenti universitari lavori stagionali, ma non di manovalanza bensì di responsabilità vera. Anche loro non parlano un h di inglese (la prossima settimana vi spiegherò la grande invenzione del 2018) ma in qualche maniera non so come siamo riusciti a intrattenere una conversazione di quattro ore. E gliel’ho detto: “18 anni?! Noi a 18 anni giochiamo alla Playstation”. E loro mi hanno risposto: “Anche noi, ce l’abbiamo sul treno e ci giochiamo nei lunghi tratti senza fermate”.
Gente che sta provando il piacere di scoprire, e di farsi scoprire. Quando il Mondiale sarà finito, gli mancherà molto, ma forse avrà lasciato un’eredità grazie al quale non vorranno più tornare indietro.
Ce ne vuole prima che finisca il Mondiale: solo 5 giorni passati, eppure si è già completato il primo giro di partite. E finora è esattamente come a Brasile2014: annullato il gap tra grandi e piccole, addirittura drammaticamente questa volta, con 5 delle prime 6 favorite che hanno tutte steccato la prima, qualcosa che probabilmente non era mai successo.
Tuttavia ricordatevi che anche in Brasile, nonostante certi inaspettati accoppiamenti negli Ottavi e nei Quarti, alla fine in semifinale arrivarono solo nazionali blasonate.
Vada come vada, ecco i premi alla fine della prima tornata:
SQUADRA MIGLIORE: Messico.
Forse Belgio e Croazia hanno vinto con maggior scioltezza, ma il Messico ha tirato giù la Germania, e giocando benissimo. Che sia finalmente arrivato il momento di rompere la cosiddetta “Maledizione della quinta partita”, ovvero il limite invalicabile dei Quarti di Finale per i messicani?
SQUADRA PEGGIORE: Arabia Saudita.
Le due formazioni nettamente meno attrezzate tecnicamente sono sembrate loro e il Panama: ma i centramericani hanno giocato con senno come chi è consapevole dei propri limiti; i sauditi invece si sono avventurati in una scriteriata partita all’attacco senza ordine.
MAGGIORE SORPRESA: Giappone.
E’ vero, la Colombia era sotto di un uomo e di un gol dopo 4 minuti. Ma il Giappone non solo è tornato in vantaggio dopo il pareggio, ma soprattutto ha concesso pochissimo, è rimasto ordinato e maturo. Il che è clamoroso visto il non eccelso livello tecnico.
MAGGIOR DELUSIONE: Germania.
Allo sbando dal punto di vista tecnico, con terzini non all’altezza, centrali lenti, centrocampo inesistente e attacco evanescente. Ma anche dal punto di vista tattico, considerando l’assurda pretesa di Loew che Khedira potesse coprire per tutti. E, visto come si è sciolta l’intera Germania, allo sbando anche dal punto di vista psicologico.
MIGLIOR GIOCATORE: Cristiano Ronaldo.
E chi altro. Non solo la tripletta, ad alto tasso di difficoltà tecnica. Ma la leadership con cui ha trascinato una squadra che stavolta invece non l’ha supportato a dovere. Il Portogallo campione è passato dall’essere una opzione impossibile a all’essere una improbabile.
PEGGIOR GIOCATORE: David De Gea.
Non solo l’errore clamoroso, che un portiere simile non fa mai in uno scenario simile. Ma in generale un alone di incertezza e penetrabilità.
MIGLIOR ALLENATORE: Juan Carlos Osorio.
Il Messico non ha solo sbancato con un colpo gobbo, in verità l’ha fatto strameritando. Da grande, non da piccola. E merito del ct colombiano, assurdamente fischiato alla partenza dal Messico, che viene da 2 anni immacolati macchiati dal 7-0 nei quarti di Copa America 2 anni fa con il Cile.
PEGGIOR ALLENATORE: Jorge Sampaoli.
Ha sbagliato e sta sbagliando tutto il possibile: nelle scelte degli uomini, del modulo, nella gestione della tensione. E il sottoscritto è un suo profondo estimatore. Avrà solo quest’occasione, quindi gli conviene essere lui il ct, e non compiacere Messi.
MIGLIOR GOL: Diego Costa v Spagna (il 1°).
E’ sembrato di rivedere Vieri al Mondiale. Capace di portarsi appresso la difesa di forza, di velocità e di destrezza, e calciando con l’estrema precisione nell’unico pertugio possibile.